STORIA
Il palazzo realizzato tra il 1681 e il 1699 dall’architetto Giovanni Francesco Baroncelli (1643-1694) per Marc’Antonio Graneri (1629-1703), abate commendatario d’Entremont e Primo Elemosiniere di corte, è l’esito di un concorso d’idee che vide la partecipazione dei principali architetti attivi sulla piazza di Torino, tra cui anche il padre teatino Guarino Guarini (1624-1683). L’esperienza maturata da Baroncelli al fianco di Guarini nel vicino cantiere di Palazzo Carignano emerge in alcuni tratti distintivi dell’architettura del palazzo, specie nel disegno della facciata verso la strada, scompartita a fasce secondo le indicazioni dello stesso Guarini nella sua Architettura civile (1737). Dimora tra le più sontuose e rappresentative della città, esemplifica i caratteri tipologici dei palazzi della nobiltà torinese: privata dell’opportunità di esprimere in piena autonomia la propria individualità verso la strada, sviluppa, dietro le cortine uniformi imposte dalla dinastia regnante, un edificio che attribuisce grande importanza allo spazio aperto dei cortili e dei giardini privati interni. Un fondale prospettico, visibile dalla strada, invita a entrare in un atrio fastoso, aperto in successione verso la corte e il giardino, da dove è possibile ammirare la vera facciata del palazzo, articolata nel rapporto fra il corpo centrale e le due brevi ali raccolte sui lati. Uno scalone monumentale a base quadrata sorretto da imponenti pilastri conduce al primo piano nobile.
Il grande salone d’onore, che l’architetto Baroncelli volle simile a quello della Reggia di Venaria, nelle sue imponenti misure (dodici metri d’altezza per centocinquanta metri quadrati) è un gioiello dell’architettura barocca con la sua decorazione plastica progettata nel 1781 dall’architetto Dellala di Beinasco ed eseguita dal Bernero, fu la sede principale degli eventi del Circolo, tra feste da ballo, ricevimenti, concerti e rappresentazioni teatrali.
Il piano nobile nel corso dei secoli ha avuto vari rimaneggiamenti, gran parte voluti dal Circolo degli Artisti, che nel 1858, lo scelse quale sede sociale. Il cuore sentimentale del sodalizio era tuttavia nei locali ammezzati, dove negli anni 1930 si allestì la tradizionale “Tampa”, semplice trattoria piemontese, dove i soci si ritrovavano nei loro convivi ospitali. Alle sue pareti,con il passare degli anni, si è accumulata la più straordinaria galleria di autoritratti di pittori piemontesi che sono stati soci del Circolo (oltre centocinquanta tra dipinti e sculture in bassorilievo) visibili ancora oggi.
L’incursione aerea dell’8 dicembre 1942 causò numerosi danni agli edifici compresi nell’isolato fra le vie Bogino, Principe Amedeo, San Francesco da Paola e Po. Il Circolo degli Artisti (via Bogino 9 e anche 11), colpito da spezzoni incendiari, vide il crollo di soffitti e muricci e soprattutto la distruzione dell’autorimessa nel cortile. Nel giugno 1944 gli alloggi risultano già ripristinati.
Dal 1858 sino al 2005 La sede del Circolo fu tutto il piano nobile del palazzo che ridimensionò i suoi spazi nel piano ammezzato di destra e i due saloni della biblioteca dal 2006 al 2018.
Dall’estate 2018 il Circolo ha spostato la sua sede presso la Giardiniera Reale in corso San Maurizio 6 a Torino, mentre il piano nobile di palazzo Graneri della Roccia è visitabile quale sede della Fondazione Circolo dei Lettori.
IL VINCOLO E I BENI
Il patrimonio del Circolo degli Artisti si è formato in oltre 170 anni di vita sociale.
Consiste in una collezione di circa 700 opere fra quadri, sculture, litografie, di un archivio fotografico originale imponente, di una biblioteca di oltre 9.000 volumi, di un archivio musicale e di un archivio storico di oltre 10.000 documenti e cimeli. Questo patrimonio storico-artistico testimonia la vita artistica della Città di Torino nell’Ottocento, e nel Novecento.
Con decreto 26/02/2000 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, le Collezioni d’Arte del Circolo degli Artisti raccolte sino ad inizio anno 2000 sono state sottoposte al “vincolo contestuale” previsto dal D.Lg. 29/10/1999 n. 490 per la “tutela dei Beni Culturali”.
Recita tale decreto: “…Non si ritiene infatti avere più senso alcuno, considerati i cambiamenti sia distributivi che funzionali, decorativi e di arredo, riproporre al pubblico, un palazzo di fine ‘600 con aggiornamenti decorativi ottocenteschi e di primo novecento sugli apparati fissi ma privati di quanto di “mobile” fu inserito per la attività che li determinò, la vita sociale del Circolo degli Artisti….” Mentre la Soprintendenza Regionale Settore Beni Librari esercita la “tutela” sulla Biblioteca e la Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta esercita quella sugli Archivi.
Tutti i beni materiali non vincolati e raccolti dopo il 2000 fanno parte della collezione “Moderna” del Circolo.
ALCUNE IMMAGINI DEL PATRIMONIO VINCOLATO
LA BIBLIOTECA
Ricca di oltre undicimila volumi, a disposizione dei soci e degli studiosi che ne fanno richiesta, la biblioteca del Circolo degli Artisti conserva un ricchissimo numero di monografie ed un significativo fondo di periodici che abbracciano l’arco cronologico che va dai primi decenni del XIX agli ultimi del XX sec.: dalla Gazzetta Piemontese del 1819 all’International art trade del 1984.
Si tratta, in linea di massima, di pubblicazioni riferite agli eventi artistici e alla critica settoriale. Alcune rare hanno carattere di rarità, come Art-journal dal 1854 o The studio dal 1897. Significativa è la presenza di riviste che incarnano lo spirito satirico ottocentesco, ormai quasi introvabili, quali: Le Charivari, Figaro illustré, Fischietto, Giro del mondo, Journal amusant, il Punch, lo Spirito folletto, per terminare l’elenco, Pasquino.
Alcune curiosità: due annate del Kokusai shashin joho, periodico di arte giapponese, le Voile d’Isis settimanale edito dalla libreria di scienze occulte di Parigi, e ancora, Così la penso: cronaca a cura di Filippo de Boni, mensile pubblicato a Losanna nel 1846.
Grazie al Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale di Torino, nel 2011, sono tornati al loro posto 38 volumi datati tra il 1857 e il 1927, elegantemente sottratti nel corso degli anni alla loro collocazione. Un ringraziamento va a tutte le persone che si impegnano nella salvaguardia e tutela dell’immenso patrimonio culturale custodito nel nostro paese.